Cosa c’entrano gli sfratti con gli usi e gli abusi psichiatrici?

Vogliamo denunciare uno dei tanti sfratti che quotidianamente vengono eseguiti a Firenze.

E’
la storia di una giovane donna, incinta di sei mesi, mamma di una bimba
di 10 anni, di origine marocchina e cittadina italiana da dieci anni…

Trovandosi
in difficoltà a pagare 1200 euro di affitto al mese, si rivolge ai
servizi sociali per avere un aiuto economico. L’assistente sociale,
anziché proporre una soluzione abitativa, le fissa un appuntamento con
lo psichiatra. Siamo a febbraio del 2004.

Intanto il tempo passa
senza che la situazione cambi. Il giorno dello sfratto, fissato per il
3 dicembre, nonostante l’ufficiale giudiziario avanzi l’ipotesi di
rinviare il provvedimento di un mese, l’assistente sociale insiste per
una soluzione inadeguata e crudele: il ricovero coatto in psichiatria!

Quindi
arriva un’ambulanza e, nonostante la donna mostri un certificato medico
che le prescrive riposo per il rischio di aborto, viene bloccata in un
angolo da cinque uomini, gettata sul letto e, tenuta ferma, le vengono
praticate due iniezioni pesantissime per sedarla. Si saprà, diversi
giorni dopo, che i farmaci in questione sono due neurolettici
(antipsicotci), Largactil e Farganesse, quest’ultimo è un antistaminico
che amplifica e potenzia l’effetto degli antipsicotici, con il
risultato di una sedazione immediata. Questi farmaci, che provocano in
genere gravi conseguenze,  possono avere, come sottolineato anche
dal Ministero della Salute, “effetti dannosi sul feto in qualsiasi
periodo della gravidanza. E’ importante tenere sempre presente questo
aspetto prima di effettuare una prescrizione in una donna in età
fertile. Questi farmaci possono alterare la crescita e lo sviluppo
funzionale del feto, o avere effetti tossici sui tessuti fetali”.

Subito
dopo, con una diagnosi di “agitazione psicomotoria dovuta allo sfratto”
(oltre al danno la beffa!), la donna viene ricoverata nel reparto di
psichiatria a S. M. Nuova con una proposta di T.S.O.In realtà il medico
e gli infermieri dell’ambulanza, oltre a tutti i presenti, complici del
violento sfratto, hanno messo in pratica un vero e proprio sequestro di
persona! Non si può parlare di trattamento sanitario obbligatorio
infatti perché: non c’è stata una visita psichiatrica, non é stato
convalidato il T.S.O. da un secondo medico del servizio pubblico, come
d’obbligo di legge, quindi mancava ovviamente anche il provvedimento
del Sindaco e la conseguente notifica. Come se tutto questo non
bastasse, la persona non è stata informata né su quali psicofarmaci le
hanno forzatamente iniettato, né sulla struttura di ricovero.

Al
risveglio, diverse ore dopo, lo psichiatra di turno in reparto non le
comunica il regime di ricovero e, mentendo, dice che deve rimanere lì
per sette giorni come se fosse in T.S.O., compiendo così un abuso in
atti d’ufficio. Dopo tre giorni di reclusione, le conseguenze dei
maltrattamenti subiti le provocano una minaccia d'aborto: passerà
dodici giorni in ginecologia a Torregalli.

In un sistema
economico basato sulla disuguaglianza, un esplicito bisogno economico e
sociale, come quello della casa, viene considerato e trattato come un
disturbo della mente. Tutto ciò prefigura il completo spostamento del
disagio sociale, e in primo luogo abitativo, all’interno di
problematiche psichiatriche. Spostare il problema, facendo passare una
contraddizione sociale come una malattia organica o mentale serve a
estendere il controllo e la possibilità di intervento.

E’
evidentemente più funzionale etichettare un individuo come pazzo ed
escluderlo, mascherando così la contraddizione, anziché affrontare i
problemi reali di ognuno. Sono tante le persone che da anni marciscono
nelle liste d'assegnazione dell'ufficio casa. Il T.S.O. immediato e la
prescrizione di psicofarmaci non devono diventare possibili risposte.

Del
resto l’esclusione sociale ha radici antiche: nel 1657 nasce a Parigi
il prototipo dei futuri manicomi, l’Hôpital  général, per
recludere poveri e mendicanti.Per il sistema dominante è stato da
sempre più accettabile un “pazzo” rinchiuso in manicomio che l’evidenza
della disfunzionalità del  sistema stesso.

Oggi le cose
sono solo apparentemente cambiate. La tutela dei diritti, rappresentata
dalla legge in vigore, viene frequentemente elusa dalla psichiatria con
la connivenza politica.

Nella nostra esperienza di collettivo
antipsichiatrico, e dopo un anno di Telefono Viola, abbiamo raccolto
numerose testimonianze e denunce sugli abusi della psichiatria. La
storia che abbiamo raccontato non è un caso isolato. Abbiamo visto la
psichiatria all’opera con i bambini, con la sperimentazione di farmaci
potenzialmente mortali, conosciamo la pratica dell’elettroshock per la
“cura” di sofferenze esistenziali e denunciamo ogni giorno le pratiche
coercitive che la contraddistinguono. 

La psichiatria esce allo scoperto e si mostra nel ruolo che più le compete, una forma subdola e violenta di controllo sociale!

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